L'albero di Goethe by Helga Schneider

L'albero di Goethe by Helga Schneider

autore:Helga Schneider [Schneider, Helga]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Salani Editore
pubblicato: 2012-05-14T22:00:00+00:00


IX

La mattina dopo.

Un sole anemico accompagnò Willi lungo il sentiero che portava al Revier. L’aria era pungente. Di notte la brina aveva imbiancato i tetti delle baracche. Willi camminava in fretta per scaldarsi e pensava ad Alex, a quanto avrebbe patito il freddo, fragile com’era diventato.

Entrò deciso nel Revier. Nella guardiola c’era una sola SS, che studiò il suo lasciapassare con diffidenza.

«Ma l’aiutante del dottor Tetzlaff è un altro» esclamò, secco.

«Io comincio stamattina» spiegò Willi.

La SS fece una breve telefonata. Riappese. «Vai!» gli disse, sgarbato.

Willi salì le scale. Nel corridoio già un gran numero di detenuti erano in attesa. Due sembravano molto sofferenti. Uno aveva il respiro affannato ed era cianotico; l’altro era disteso a terra e si agitava, in preda alle convulsioni. Aveva la bava alla bocca e le pupille rovesciate, si vedeva solo il bianco degli occhi.

Spaventato, Willi si precipitò nell’ambulatorio senza nemmeno pensare a bussare. Tetzlaff era al telefono. Gli scoccò uno sguardo contrariato e continuò a parlare. Poi riappese e fissò Willi senza dire una parola.

Willi gli spiegò balbettando quello che succedeva nel corridoio. Tetzlaff disse, in tono tagliente: «Il medico qui dentro sono io. Che sia chiaro, una volta per tutte». Davanti all’espressione costernata di Willi aggiunse: «E comunque ho già dato disposizioni».

Willi si azzardò a chiedere: «Li portano all’ospedale?»

Tetzlaff fece il giro della scrivania, lentamente. Si avvicinò a Willi, gli alzò il mento con un dito e guardandolo dritto negli occhi disse: «Noi non curiamo gli epilettici. E nemmeno i cardiopatici gravi».

«Ma allora» balbettò Willi, «dove li portano?»

«All’obitorio» fu la risposta.

«Ma sono vivi!» protestò Willi.

«È come se fossero già morti» rispose Tetzlaff, gelido.

«Non capisco...»

«Vuoi proprio che te lo spieghi?»

Willi annuì.

«All’obitorio gli faranno un’iniezione. Così saranno pronti per il forno crematorio».

Sul cuore di Willi calò un peso opprimente.

«Adesso basta!» esclamò il medico, spazientito. «Non sei qui per chiacchierare!» Indicò una porta. «Là nel ripostiglio c’è il tuo camice. Vai a cambiarti. E sbrigati!»

Willi sospirò, rassegnato. Non aveva scelta: doveva obbedire.

Quando tornò con il camice addosso, il medico lo squadrò come se fosse appena uscito dal camerino di un negozio di vestiti alla moda.

«Il bianco ti dona» disse, soddisfatto. Willi tentò un sorriso e si disse che quell’uomo non era a posto con la testa.

Tetzlaff gli spiegò come doveva organizzare la fila dei prigionieri, mettendo i cognomi in ordine alfabetico. Poi lo spinse verso la porta, dicendogli: «Avanti, al lavoro!»

Willi si ritrovò nel corridoio, solo.

I due malati gravi non c’erano più. Gli altri non sembravano turbati dalla scena a cui dovevano aver appena assistito, il trasferimento dei due compagni in un luogo da cui non si tornava. Il campo uccideva ogni sentimento di solidarietà. L’importante era sopravvivere; ciascuno pensava solo a se stesso, all’oggi, all’ora. Tranne i giovani, come aveva detto Tetzlaff; tranne i giovani.

Willi rimase immobile per un attimo, trafitto da molti sguardi. Poi un uomo si fece avanti e scoprì una coscia tormentata da una foruncolosi in suppurazione. Una visione orribile. L’uomo disse che aveva la febbre alta e dolori dappertutto. Supplicò Willi di permettere che venisse visitato per primo, e Willi, impietosito, annuì.



scaricare



Disconoscimento:
Questo sito non memorizza alcun file sul suo server. Abbiamo solo indice e link                                                  contenuto fornito da altri siti. Contatta i fornitori di contenuti per rimuovere eventuali contenuti di copyright e inviaci un'email. Cancelleremo immediatamente i collegamenti o il contenuto pertinenti.